Nel corso di una riunione di progetto, ieri, in cui Firab è coinvolta, si riporta un’affermazione secondo la quale “nel biologico non si può parlare di acqua”. Difficile credere sia un tabù e quindi parliamone.
Tra un mese circa si terrà a Marsiglia il Forum Mondiale dell’Acqua, organizzato dal governo francese e dal Consiglio Mondiale dell’Acqua che, non avendo nulla a che fare con le Nazioni Unite come si potrebbe pensare, è un’associazione partecipata dalle principali aziende del settore e presieduta dal CEO di una filiale di Veolia, multinazionale con molti interessi sulla risorsa.
Parallelamente e sempre a Marsiglia, i movimenti sociali terranno un Forum Mondiale Alternativo sull’Acqua per affermarne la natura di bene comune strettamente ancorato a un diritto umano fondamentale. L’Italia ci arriva sulla scorta della vittoria del referendum del giugno 2011 e in piena vigilanza a sua difesa.
Anche il biologico vi sarà presente con alcune proposte e valori. Di seguito riportiamo il contributo di AIAB al dibattito europeo.
– Il consumo di acqua dipende dal metodo di produzione; l’agricoltura biologica si pone l’obiettivo di limitare l’uso delle risorse naturali, compresa l’acqua. Con il bio la gestione sostenibile delle risorse idriche permette di: a) migliorare la fertilità dei terreni; b) mitigare i cambiamenti climatici, c) limitare la contaminazione delle acque sotterranee; d) aumentare la biodiversità degli agroecosistemi (il bio identifica le colture in funzione delle condizioni pedoclimatiche), e) ridurre il consumo di acqua per perseguire la massima qualità dei prodotti.
– Studio delle tecniche di risparmio idrico. Promuovere progetti sperimentali e pilota
– Politiche: Chi detiene il potere sull’acqua e la sua proprietà? L’acqua deve essere gestita da aziende pubbliche che ne garantiscano l’accesso.
– Buone pratiche: dobbiamo monitorare le buone prassi a livello europeo e raccoglierle in un database.
– Il consumo di acqua dipende anche dal metodo di trasformazione degli alimenti e di loro distribuzione. Il bio può far leva su piccoli centri di lavorazione e su circuiti brevi di vendita diretta.
Studio europeo sul potenziale di risparmio idrico
La Commissione Europea ha recentemente licenziato un rapporto sul risparmio idrico in agricoltura, in cui si sottolinea che la gran parte di eventi siccitosi e di scarsità della risorsa avviene nell’Europa mediterranea, ma che il fenomeno si sta estendendo ad altri bacini. Si afferma inoltre che si impone ora di lavorare, oltre che sul risparmio, anche su tecniche di riuso, stoccaggio e raccolta, riducendo la pressione sulle fonti superficiali e sotterranee.
Anche l’insieme di risposte politiche e socioeconomiche viene valutato: dal varo di norme, all’aumento della consapevolezza dei cittadini e degli agricoltori, alla vigilanza pubblica, al sovvenzionamento di tecniche e attività virtuose di risparmio e raccolta, alla cooperazione territoriale tra agricoltori (turnando l’uso di acqua irrigua), fino al delicato tema della definizione di un prezzo corretto per l’utenza.
Sfortunatamente, lo studio non si perita di ragionare sul contributo che un’agricoltura meno intensiva come il biologico può dare a fronte degli impieghi massicci e insostenibili dell’agricoltura e degli allevamenti industriali.
Irrigazione insostenibile
L’agricoltura ha bisogno di acqua e l’irrigazione è in aumento. Ma l’irrigazione si rivela sempre più insostenibile utilizzando fonti non rinnovabili con possibili effetti su scala globale, come hanno approfondito autori dell’Università di Utrecht in un articolo della rivista Water Resources Research, grazie a osservazioni satellitari, banche dati geografiche e idrografiche per la stima della ricarica d’acqua nel sottosuolo.
Lo studio ha permesso di individuare le zone in cui l’irrigazione è insostenibile, portando a una mappatura molto ambiziosa dei territori interessati e mostrando le aree dove l’agricoltura ricorre ad acque non-rinnovabili classificate in funzione delle quantità emunte dal sottosuolo a partire dal 2000. La cartografia realizzata mostra come in alcuni paesi (Quatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Libia) lo spreco di acqua fossile può condurre a una crisi di grande scala, rappresentando la gran parte dell’acqua irrigua utilizzata (il cui consumo è triplicato dal 1960), ma scenari di possibile crisi vengono anche tracciati per i paesi mediterranei (Algeria, Marocco, Spagna e Italia) in relazione alla diminuita e irregolare pluviometria.
Gli autori concludono che “l’insostenibilità dell’utilizzo irriguo delle acque sotterranee rappresenta una questione importante non solo per i Paesi che ne fanno un uso intensivo, ma per l’intero pianeta in quanto il commercio internazionale di alimenti lega produzione e consumo anche se avvengono in aree geografiche diverse. L’aumento della popolazione e delle esigenze alimentari stresserà ulteriormente la quantità d’acqua estratta dalle acque di falda, in particolare nei paesi emergenti come India, Pakistan, Cina, Iran e Messico, abbassandone i livelli e rendendola più difficilmente raggiungibile per agricoltori di piccola e media scala con accesso limitato alle tecnologie”.