Un settore legato a doppio filo con la ricerca e l’innovazione. Dal mondo bio può venire un contributo importante alla nostra economia, anche in termini di occupazione, equità e soprattutto sostenibilità
Nel 2018 continua a crescere la domanda di prodotti biologici, così come le famiglie che li acquistano abitualmente: grazie ad un più ampio assortimento di prodotti bio presso la grande distribuzione (+18%) e ad uno spread dei prezzi con gli alimenti convenzionali più contenuto rispetto al passato (fatto 100 il costo della media convenzionale, quello bio è sceso da 152 a 149, quando era 160 nel 2016, fonte Nielsen), l’escalation del bio è inarrestabile. Il biologico entra ormai ogni settimana nel carrello di 6,5 milioni di famiglie (26% delle famiglie italiane) e saltuariamente in quello di 21,8 milioni di famiglie, l’88% del totale.
Una vera e propria rivoluzione dal basso ed è tuttora ad appannaggio dei cittadini – consumatori e produttori – che, con le loro scelte, stanno dimostrando di aver capito quanto un maggiore investimento su un modello produttivo sostenibile possa portare a cambiamenti radicali che incidono sulla salute pubblica, sull’ambiente, sui cambiamenti climatici, sulla valorizzazione dei territori.
Circa 2 milioni di ettari coltivati al 1° gennaio 2018 (+6,3% nell’ultimo anno, secondo i dati del Sinab, Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica), principalmente a prati pascolo (544.048 ha), colture foraggere (376.573 ha) e cereali (305.871 ha), ma anche olivo (235.741 ha) e vite (105.384 ha). La maggiore crescita si è avuta per: grano tenero e farro (+22,6), ortaggi (+25,4%), tra cui emergono i pomodori con 6.241 ha e una crescita del 53,8%, frutta in guscio (+16,7%) e frutta da zona temperata (+10,9%). È il Sud a dominare con Sicilia, Puglia e Calabria che detengono il 46% dell’intera superficie biologica nazionale; interessante la crescita della produzione vegetale bio anche al Nord Italia con il più alto tasso di incremento in Lombardia (+21,4% rispetto al 2016).
Il 15,4% della superficie agricola nazionale è biologica, dato che cresce, rispetto al 2016, di un punto percentuale: ma nel Centro, Sud e Isole ogni 100 ettari agricoli, circa 20 ettari sono bio, diversamente nel Nord, sono bio circa 7 ettari su 100.
Se poi si aggiungono le aree non agricole bio, ossia quelle superfici forestali e superfici di raccolta spontanea (funghi selvatici, tartufi e bacche selvatiche) non pascolate e notificate (260mila ha nel 2017, +47% rispetto al 2016) ancora di più si comprende quanto il metodo biologico valorizzi al meglio la preziosa biodiversità dei nostri campi: maggiore ricchezza di specie, di conseguenza, maggiore capacità di adattamento e resilienza agli stress ambientali, e quindi ai cambiamenti climatici.
Crescita delle produzioni animali, distinte sulla base delle principali tipologie di allevamento, i dati Sinab evidenziano, rispetto agli ultimi cinque anni, un aumento consistente, in particolare per bovini (+45,2%) e suini (+ 41,4%); buono anche l’incremento per caprini (+ 25,2%) e equini (+ 14,1%). Cresce anche il numero di arnie per la produzione di miele, a fronte della domanda sempre vivace (+22,2% rispetto al 2013), mentre, nello stesso arco di tempo, gli avicoli registrano una frenata (-5,2%).
La consistente impennata registrata dall’allevamento di bovini biologici deriva, da un lato, dallo sviluppo del mercato del biologico, con aumentate richieste anche di prodotti lattiero-caseari, e, dall’altro, da una situazione particolarmente complessa registrata dalle quotazioni dei prodotti convenzionali zootecnici.
Con 75.873 aziende l’Italia si mantiene al primo posto in Europa, Francia al secondo, con 54.044, e al terzo la Germania (46.470). L’88% sono produttori (+4% rispetto al 2016), di cui il 12% è anche preparatore (+8,8%), mentre l’11% è esclusivamente preparatore (+14,6%). Le Regioni che continuano a mantenere, anche nel 2017, il primato del numero degli operatori si trovano al Sud: Sicilia, Calabria e Puglia.
L’incidenza delle aziende agricole biologiche sul totale è 4,5% ed è più contenuta rispetto all’incidenza delle superfici biologiche sul totale (15,4%), a fronte di una dimensione media aziendale che notoriamente è più alta nel bio: azienda bio pari a 29 ha, a fronte del dato nazionale di 8,4 ha.
Siamo uno dei Paesi con i migliori risultati in Europa, con un giro d’affari sul mercato interno che, da 3 miliardi nel 2016, ha toccato i 3,5 miliardi di euro nel 2017, ed insieme con l’export oltrepassa 5,5 miliardi di euro, secondo le stime della Fondazione di ricerca Firab. Anche i primi mesi del 2018 confermano la forte crescita dei prodotti certificati, con il lifestyle che condiziona sempre più il carrello della spesa: i dati Nielsen su Iper e Supermercati, indicano ad aprile 2018, una crescita annua del 12,9% in valore.
Nel 2018, nonostante un rallentamento nel trend di crescita dell’alimentari, dopo gli ultimi tre anni a tassi d’incremento tra 18 e 20%, si assiste sia a forte crescita del confezionato, in particolare per prodotti bio freschi, salutari e gustosi pronti all’uso sia all’aumento del peso delle vendite dei prodotti bio su totale food, sopra il 3,7% dei primi 5 mesi di quest’anno (erano al 3% nel 2016 e al 3,4% nel 2017), contribuendo alla crescita delle vendite dell’agroalimentare nella GDO, con un +10,3% (fonte: Nielsen).
Uova, biscotti e altri prodotti a base di cereali, confetture e bevande vegetali sostitutive del latte, olio extravergine d’oliva, pasta, ma anche latte fresco e yogurt intero sono tra i prodotti della top ten dei più richiesti nella GDO. I consumatori sono attenti alla qualità. E sempre evidenziarsi una risalita dei consumi della carne e di formaggi legati al territorio e alla cucina tradizionale, a scapito di quelli industriali.
La carne accresce il suo contributo all’escalation del biologico, con una incidenza che passa dal 2,3% a maggio 2017 al 2,7% a maggio 2018 ed un peso percentuale dell’1,2% sul food venduto presso la GDO (per avere un metro di paragone, l’ortofrutta incide per l’11,3% sul bio e contribuisce alla crescita per l’8,9% a maggio 2018, secondo rilevazioni Nielsen).
Le scelte di acquisto sono dettate dalla necessità di soddisfare un più ampio ventaglio di bisogni rispetto al passato. Segnano infatti una crescita importante tutti quei prodotti rivolti a un consumatore con specifiche esigenze di salute, di lifestyle, di responsabilità sociale o di intolleranze (Bio, Veg, Senza…).
Sicuramente la pubblicazione degli ultimi dati Ispra sulla crescente presenza dei pesticidi nelle nostre acque ha riacceso il dibattito sui metodi agricoli e sull’inquinamento che questi producono e sulle ripercussioni sulla nostra salute. E per la carne, si aggiunge la quantità di antibiotici per animale che viene usata in Italia e che è oltre il doppio della media europea, tre volte quella della Francia e cinque volte quella della Gran Bretagna. Riaccendendo anche la discussione sulle loro conseguenze economiche.
Oramai sappiamo bene che scegliendo il biologico diminuiscono i costi sanitari, così come i danni ambientali e si interviene nella mitigazione climatica. Sono numeri impressionanti che ci devono far riflettere sul fatto che non possiamo più aspettare, che è giunta l’ora di cambiare passo. L’Italia, Paese leader del settore, deve avere il coraggio di spingere il cuore oltre l’ostacolo e assicurare al bio il giusto sostegno in termini economici e di sicurezza. C’è bisogno di tutelare il Made in Italy agroalimentare, con politiche più attente, anche con norme serie e rigorose che non diano più voce a nessuna ambiguità e che difendano il lavoro e il reddito degli agricoltori, allevatori e di quanti ogni giorno si impegnano per produrre dando valore al buon cibo e al rispetto per la Terra.
Sicuramente il concetto di qualità di un prodotto va ormai oltre le caratteristiche compositive o nutrizionali, per rivolgersi al metodo con cui gli alimenti sono ottenuti lungo tutta la filiera produttiva.
A fronte però dell’aumento dei costi produttivi e soprattutto perché scontano una produttività inferiore rispetto ai prodotti agricoli di massa, le coltivazioni bio e gli allevamenti bio, potranno essere la soluzione sostenibile che auspichiamo soltanto se al metodo agricolo potremo coniugare l’impiego delle migliori tecniche innovative disponibili, per massimizzarne l’efficacia insieme all’adozione di sistemi produttivi innovativi e sostenibili dal punto di vista ambientale, del benessere animale e della salute e sicurezza alimentare. Di tutto ciò e dell’analisi sul settore lattiero caseario bio che, a fronte di una situazione particolarmente complessa registrata dalle quotazioni dei prodotti convenzionali zootecnici e, grazie al successo del biologico che, maggiormente rispettoso dell’ambiente e della salute, può contare su una crescita della domanda particolarmente vivace e positiva, ne parleranno Aiab e Firab alla prossima edizione della Fiera Internazionale del Bovino da Latte (CremonaFiere, 24-27 ottobre 2018) durante i due convegni organizzati in collaborazione con l’ente fieristico cremonese e in programma per il 24 ottobre alle ore 15.15 ed il 25 ottobre alle ore 11.15.
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