Due anni e mezzo per partorire un topolino. Tanto ci è voluto per dare alla luce il rapporto sugli impatti socioeconomici della coltivazione di OGM in Europa.
Dopo che il 4 dicembre 2008 il Consiglio Europeo dei Ministri dell’Ambiente ha espresso all’unanimità la sua insoddisfazione nei confronti del sistema di approvazione degli OGM e la necessità di avviare una riflessione in tal senso anche in relazione agli impatti della loro coltivazione sul sistema sociale ed economico, la Commissione Europea ha raccolto le indicazioni degli Stati Membri e di alcuni portatori di interesse e formulato un rapporto che, oltre a sintetizzarli, riporta anche le sue considerazioni, frutto degli studi da lei finanziati (e orientati) in materia.
Nel documento la Commissione Europea lamenta il basso e scoordinato livello delle risposte, la mancanza di una chiara identificazione da parte dei Paesi Membri di quali siano gli ambiti e le aree di impatto da valutare, ottenendo così più un catalogo di punti di vista che l’indicazione di un approccio definito.
Il carattere tendenzialmente assolutorio del documento, che raccoglie infatti il plauso di EuropaBio – l’associazione europea delle imprese biotech, contempla anche passaggi sui risultati colturali del mais Bt nei paesi europei in cui è ammessa la semina (riportandone i vantaggi di resa), senza nulla dire del suo carattere ‘totalitarista’, ben rappresentato dalla rinuncia coatta alle produzioni di mais biologico costretta ad annichilirsi dall’ingestibilità della contaminazioni transgeniche, come quelle determinate in Aragona ed altre regioni spagnole.
25 Paesi dell’UE hanno inviato contributi: l’Italia brilla per assenza, forse troppo assorbita dai turnover ministeriali.
Questa settimana la rubrica approfondisce la (non) relazione tra biologico e OGM, così seguendo l’apertura dell’editoriale di questa edizione di BAN. I nodi stanno infatti venendo al pettine e si moltiplicano i segnali di allarme e di reazione, registrati anche dalla letteratura scientifica (cfr. Science 332, 8 aprile 2011, Can biotech and organic farmers get along?). Riportiamo sotto una sintesi del commento di IFOAM Europa alle (nuove) linee guida sulla valutazione del rischio ambientale (ERA) dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e la ratio di una causa ‘difensiva’ intentata negli USA da organizzazioni del biologico contro Monsanto.
Contributo Ifoam alla consultazione dei portatori di interessi su valutazione ambientale OGM
L’Ifoam UE ha in settimana inviato i propri commenti al documento dell’EFSA sulle linee guida relative alla valutazione del rischio ambientale associato agli OGM, un documento che contiene alcuni passi avanti, ma che rimane deficitario ai fini di una reale tutela ambientale.
In alcune parti cruciali, ritiene Ifoam, l’EFSA sussume la metodologia in uso tra i ricercatori che lavorano in stretto rapporto con l’industria agro biotecnologica: per esempio, le aziende che intendono commercializzare piante transgeniche nell’UE possono determinare gli elementi essenziali della valutazione del rischio, così mettendosi nelle migliori condizioni per una rapida approvazione. Le linee guida inoltre sembrano ignorare gli effetti sinergici (quali quelli dovuti a stress, l’instabilità dei costrutti o i riarrangiamenti del genoma), in quanto si assume ex ante che non si determinino.
Gli stessi concetti di familiarità e di valutazione comparativa espressi nelle linee guida appaiono lacunosi e non rispondenti all’esigenza di prendere in considerazione la multiforme tipologia di ambienti ed ecosistemi.
Dai campi ai tribunali
Una causa è stata intentata contro la Monsanto dall’Organic Seed Growers & Trade Association, come capofila di varie realtà sociali ed economiche, a fini di autotutela per proteggersi dal rischio di vedersi incriminati per violazione del brevetto sugli OGM e metterlo così in discussione.
A seguito delle esperienze di contaminazione genetica avutesi con il colza, che ha portato alla sostanziale sparizione del colza biologico in Nord America, e di una controversa sentenza della Corte Suprema statunitense sembra aprirsi uno spiraglio legale: ribaltando la decisione di un tribunale distrettuale che vietava la commercializzazione di erba medica transgenica a fini di tutela ambientale, la Corte Suprema riconosceva al contempo che la perdita economica dovuta al flusso genico e alla derivante contaminazione genetica rappresenta un ‘danno ambientale’ che risulta antitetico ai principi sottostanti la protezione brevettuale (che è riconoscibile solo se produce benefici alla società).
Questo il presupposto dell’azione legale che ha quindi una finalità difensiva nei confronti delle contaminazioni, ma anche una offensiva tesa a mettere in discussione la pratica brevettuale.