EFSA, quale cibo in salsa europea?

In italiano l’espressione sicurezza alimentare richiama due concetti diversi, seppur complementari: garanzia dell’accesso agli alimenti in quantità e qualità adeguata da parte della popolazione e loro integrità igienico-sanitaria. Una discriminazione del vocabolario è utile per non dar luogo a fraintendimenti, ma il tema della sicurezza degli alimenti richiama anche l’esigenza di politiche appropriate per un sistema agroalimentare composito e riccamente diversificato tra territori, dimensioni aziendali, processi produttivi, sistemi distributivi, esigenze di consumo.

Data l’importanza crescente riconosciuta dai consumatori europei alle questioni di sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti (vedi OGM, pesticidi, ormoni, additivi ammessi, tollerati o più raramente proibiti, o le stesse farine animali vietate e -di recente- riabilitate), la questione ha assunto negli ultimi anni una rinnovata centralità, non ultimo per il fatto che le regole sanitarie determinano una selezione darwiniana delle aziende sulla base degli standard industriali da garantire o degli artefizi tecnologici che vengono consentiti nel corso della produzione agricola o della trasformazione.

L’EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, fu istituita 10 anni fa, proprio a seguito dello scandalo mucca pazza, per garantire a livello comunitario un presidio scientifico che assicurasse un efficace sistema decisionale in tema di gestione del rischio. 500 milioni di cittadini europei sono direttamente interessati al suo lavoro, ma lo stesso vale per 12 milioni di aziende agricole dell’UE e per l’altrettanto nutrito corpo di imprese agroalimentari e di ristorazione. Si tratta di un composito e articolato universo di aziende che producono, manipolano e introducono nel sistema di consumo alimenti molto diversi tra loro per genesi, natura e destinazione.

Nei suoi 10 anni di esistenza, l’EFSA si è però caratterizzata per un indubbio fiancheggiamento di un unico modello, quello agroindustriale, che a monte e a valle dell’attività primaria tende a standardizzare il sistema produttivo senza necessariamente assicurare qualità e sanità del cibo. Questa complicità ha assunto anche la forma di palesi conflitti di interesse del personale che a più livelli (dal Consiglio di Amministrazione ai gruppi di esperti scientifici) ha prestato servizio per l’Agenzia inficiando l’obiettività scientifica dei suoi processi decisionali.

Ciò vale per la valutazione del rischio di OGM, per quella dei pesticidi o dell’aspartame, un dolcificante la cui innocuità è stata in più occasioni scientificamente opinata. Saranno questi esempi che verranno approfonditi nel corso della due giorni di mobilitazione intorno al ‘caso EFSA’ promossa a Parma i prossimi 12 e 13 novembre per iniziativa di diverse forze italiane ed europee, tra cui FIRAB e il Coordinamento Europeo Via Campesina, e con la partecipazione di eletti a quel Parlamento Europeo, quali José Bové, che hanno più volte richiamato l’EFSA a maggiore limpidezza di comportamenti, bocciandone finanche il Bilancio.

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