Per molto tempo, la ricerca agricola è stata largamente dominio di esperti e ricercatori scientifici, con gli agricoltori a rappresentare il terminale su cui calare i risultati della ricerca e, laddove non l’abbiano utilizzata, sono stati spesso accusati di “ignoranza e incapacità”. C’è però una domanda spesso latitante che è necessario porsi: non ci sarà qualcosa di sbagliato nella stessa filosofia e modalità di conduzione della ricerca?
Nei processi di ricerca e sviluppo in agricoltura si stanno lentamente e faticosamente impostando tentativi di dialogo con le istituzioni scientifiche che vedono protagoniste le comunità agricole e, più largamente, le organizzazioni della società civile. Questo non avviene solo a livello nazionale o regionale, ma anche su scala internazionale, con maggiore o minore successo. Tutta l’organizzazione del sistema di ricerca e sviluppo in agricoltura è infatti in fase di revisione e discussione dopo anni di stallo e di difficoltà di finanziamento, causato dal progressivo disimpegno dei governi, aprendo la strada a una funzione crescente delle grandi corporations. Queste, oltre a divenire soggetti attivi nelle attività di ricerca pubblica attraverso partenariati pubblico-privati (PPP), hanno progressivamente acquisito potere e ruolo del suo sistema di governo, determinando le condizioni migliori per la penetrazione dei propri interessi, anche grazie all’affermarsi delle fondazioni filantropiche e della loro agenda tecnologica.
Dentro questo quadro si è aperta la discussione relativa all’eventuale coinvolgimento di organizzazioni della società civile – comprese le organizzazioni di base – nell’apparato di governance della ricerca internazionale.
Se nel processo di riorientamento e riforma della ricerca agricola si è più volte sottolineata la necessità dell’inclusione dei soggetti sociali nella formulazione e conduzione delle attività di sperimentazione, l’ingresso di rappresentanti della società civile nell’impianto di governo delle istituzioni scientifiche va valutato con attenzione per il rischio di conferirle legittimità democratica senza al contempo incidere su scelte, strategie e allocazione delle risorse.
Su questi temi è stato promosso il prossimo fine settimana a Nairobi, nel quadro di un progetto finanziato dall’UE nel 7° Programma Quadro, un incontro tra organizzazioni africane ed europee impegnate sui temi della ricerca agricola, volto a capire come influenzare il dibattito internazionale sulle politiche di ricerca e sviluppo dell’agricoltura e a innescare il necessario cambiamento verso sistemi di innovazione più orientati dalla domanda dei produttori e con un maggiore focus verso gli interessi e le specificità degli agricoltori di piccola scala. In questa sede, FIRAB è stata invitata a portare un contributo che ruoti intorno ai processi partecipativi di ricerca, offrendo la possibilità di accreditare i percorsi di sperimentazione che nel biologico vedono gli agricoltori protagonisti di una innovazione tarata sugli specifici contesti aziendali e territoriali.