Allevamenti-soia-ogm. Ridurre e azzerare.

Dello stallo politico che persiste in Europa intorno alle autorizzazioni di nuovi OGM se ne è avuta nuova dimostrazione nei giorni scorsi quando il comitato permanente per la catena alimentare e la salute animale non ha approvato due eventi di soia geneticamente modificata, il MON 87701, della Monsanto, e il 356043 della Pioneer, destinati a uso alimentare e mangimistico.

Dell’uso alimentare degli OGM approvati al commercio nell’UE vi è poca traccia, anche in senso letterale,  come testimonia l’assenza di prodotti etichettati come derivanti o contenenti ingredienti transgenici e le verifiche campionarie delle autorità sanitarie che testimoniano una presenza del tutto sporadica di alimenti di origine GM non etichettati come tali. Diversa la situazione in zootecnia dove la prevalenza della soia nella dieta animale (dei monogastrici, ma non solo) spinge le autorità di Bruxelles a promuovere una crescente apertura a varietà transgeniche. Si paventa il rischio di dover fronteggiare una ‘stretta’ delle importazioni mangimistiche (un animal feed crunch, per dirla alla moda) con conseguente crisi del settore zootecnico europeo, ormai strutturalmente decontestualizzato dalla capacità dei terreni del continente di garantire al bestiame allevato il sostegno alimentare; un settore affamato di prodotto importato.

Se questa è la condanna, non necessariamente deve portarne con sé un’altra, quella dell’apertura indiscriminata e arrendevole agli OGM.

Senza considerare il potenziale italiano di produzione di proteaginose, e di soia in particolare, esistono ampi areali di coltivazione di soia non-GM come nell’est-Europa o in Asia o nello stesso bacino di coltivazione transgenica come il Brasile, per quantitativi che raggiungono complessivamente decine di milioni di tonnellate.

Nel caso del Paese latinoamericano, si stima che la produzione di soia non-OGM rappresenti il 25-30% dei 75 milioni di tonnellate complessivamente prodotte (il secondo produttore mondiale dopo gli USA). Di queste, nel 2011 un solo Ente certificatore (Cert ID) ha certificato 4,8 milioni di tonnellate di soia non transgenica e 2,95 milioni di farine di soia, che in gran parte raggiungono l’Europa, quasi tutte tracciate e certificate secondo lo standard Pro-Terra, garantita entro lo 0,1% di contaminazione da OGM. I complessivi 7,7 milioni di tonnellate (erano 7,6 nel 2010 e 7,1 nel 2009), di soia non-GM certificate e garantite nel solo Brasile da un solo certificatore rappresentano circa il 15% dei volumi che raggiungano l’Europa e si stima che un quantitativo analogo sia importato in forza di altri tipi di garanzia.

Il Vecchio Continente soddisfa quindi in sicurezza la sua fame di proteine non-GM destinate alla zootecnia. Più che una politica accondiscendente al transgenico, sarebbe probabilmente più utile riconsiderare il processo di sviluppo ipertrofico e per più aspetti insostenibile del sistema di allevamento del bestiame.

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