Agricoltura, Sicurezza Alimentare e Cambiamenti Climatici nelle discussioni tra i grandi

Volge al termine ad Hanoi, Vietnam, la 2° Conferenza Mondiale sull’Agricoltura, la Sicurezza Alimentare e i Cambiamenti Climatici. Una conferenza che segue il primo appuntamento dell’ottobre 2010 tenutosi in Olanda e che rischia di ricalcarne le orme retoriche legate all’adozione di un’agricoltura smart e green, secondo gli slogan in voga anche al Vertice di Rio + 20. Un approccio che continua ad emarginare contadini e piccoli produttori i cui mezzi di sussistenza sono più a rischio e che hanno più urgente bisogno di essere ascoltati.

Il cambiamento climatico sta già minacciando la sopravvivenza e la sicurezza alimentare dei soggetti più vulnerabili e il modello industriale di produzione agricola dimostra tutti i suoi limiti, minacciando la vitalità degli ecosistemi e contribuendo massicciamente al cambiamento climatico. Lo denunciano numerose organizzazioni della società civile che, in una lettera aperta agli organizzatori dell’evento, chiedono un netto cambiamento verso l’agroecologia, basata sulla fertilità dei suoli, la diversità biologica e le conoscenze tradizionali, oltre che sulla necessità cruciale di invertire la concentrazione economica nei mercati globali. Purtroppo, il programma della Conferenza non riesce ad affrontare questi cambiamenti di sistema e sembra avallare un ruolo importante per il settore privato cui si affidano investimenti su commodities e privatizzazione di risorse.

La conferenza dovrebbe invece concentrarsi sulle risorse volte all’adattamento climatico, viste le gravi minacce all’agricoltura e agli agricoltori. L’agroecologia può offrire le risposte più convincenti e deve ricevere sostegno attraverso le finanze pubbliche sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti che rappresentano l’approccio ‘sviluppista’ dominante (sostenuto in particolare dalla Banca Mondiale, tra i promotori della Conferenza) o gli ancor più deleteri mercati del carbonio che non sono riusciti a trasferire realmente risorse per progetti sul campo e che rischiano solo di finanziare gli impegni di riduzione delle emissioni dei paesi sviluppati attraverso la “compensazione” nei paesi in via di sviluppo.

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