Azotofissazione tra metodi e rotazioni colturali

Studi comparativi tra suoli gestiti secondo tecniche biologiche e convenzionali non avrebbero portato a differenze qualiquantitative nella popolazione di batteri azotofissatori, la cui varietà sarebbe invece maggiormente correlata alla rotazione colturale, che eserciterebbe una maggiore influenza. È quanto pubblicato da ricercatori britannici sulla rivista Applied Environmental Microbiology.

Secondo i ricercatori, la precessione colturale con leguminose (tra l’altro tipica del biologico) lascerebbe una buona dotazione di azoto nel terreno che ‘impigrirebbe’ la popolazione di microrganismi azoto fissatori, mentre orzo o altri cereali ne consumerebbero un importante stock, stimolando tali batteri che si moltiplicherebbero con maggiore velocità.

I terreni sono stati campionati in marzo, giugno (dopo l’applicazione di fertilizzanti chimici o letame a seconda della tesi sperimentale) e settembre (a valle dei trattamenti antiparassitari); i ricercatori hanno anche osservato che la fertilizzazione chimica determinerebbe effetti positivi imputati al fosforo, mentre i trattamenti antiparassitari in bio sarebbero più protettivi e non aggressivi verso la popolazione microbica.

Rif: C. H. Orr et al. Diversity and Activity of Free-Living Nitrogen-Fixing Bacteria and Total Bacteria in Organic and Conventionally Managed Soils. Applied and Environmental Microbiology, 2010; 77 (3)

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