Torna a Bergamo, dal 25 al 30 ottobre, la VI edizione di «Agricultura e diritto al cibo», dedicata ai temi dell’alimentazione di qualità e di un’agricoltura sostenibile, espressione della Food Policy del Comune di Bergamo.
Tra gli eventi in programma, giovedì 27 ottobre, dalle ore 14,30 alle 16,30 si terrà la Tavola rotonda “QUALE STRATEGIA PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA?”
L’UE ci chiede di portare la SAU a biologico al 25% entro il 2030; come stiamo utilizzando la Legge sull’Agricoltura Biologica, la riforma della PAC, il PSR, ed i fondi per la ricerca per rispondere a questa sfida?
Vincenzo Vizioli, Presidente FIRAB, coordina il Tavolo in cui interverranno: On. M. Chiara Gadda prima firmataria della proposta di legge sull’agricoltura biologica, Monica Coletta Vice Presidente AIAB Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Alberto Lugoboni Dirigente Agricoltura, Caccia e Pesca Bergamo, Direzione Generale Regione Lombardia, Alberto Brivio Presidente Coldiretti Bergamo, Renato Giavazzi Presidente Confagricoltura Bergamo, Francesco Maroni Coordinatore Provinciale Confcooperative Fedagripesca.
Una settimana dedicata alle filiere di produzione del cibo, ad un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, al diritto ad un’alimentazione sana: moltissime le attività, tra mercati, convegni e laboratori che animeranno tantissimi luoghi significativi della città di Bergamo.
L’iniziativa – organizzata dal Biodistretto dell’agricoltura sociale di Bergamo in collaborazione con VisitBergamo, Parco dei Colli di Bergamo, Orto Botanico Lorenzo Rota, Slow Food e patrocinata dal Ministero per gli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale, dal Comune di Bergamo, dall’Università degli Studi di Bergamo, dalla Provincia, dalla Camera di Commercio di Bergamo – iniziata nel 2017 per meglio accompagnare l’appuntamento mondiale del G7 dell’Agricoltura, è proseguita negli anni per promuovere azioni e responsabilità, da esercitare in campo agricolo e alimentare, per produrre meglio, sprecando meno.
Crediamo (e speriamo) che sia anche occasione per ribadire che la sovranità alimentare non vuol dire sovranismo e autarchia, ma che ambisce ad un principio di condivisione del bene comune, che vuole rimettere al centro la rigenerazione dell’agricoltura.
In particolare, comprendendone la complessità, va collocata in seno a valutazioni politiche più ampie, che toccano anche l’ambito dei diritti, umani, sociali e civili ancor prima di quelli di natura proprietaria.
Il termine nasce nel 1996 a seguito di una riunione promossa da Via Campesina (rete mondiale dei piccoli agricoltori) alla stazione Ostiense, insieme a tante persone presenti, provenienti da Paesi diversi, per lavorare su una alternativa al pensiero economico liberista, in contrapposizione al World Food Summit che si stava svolgendo, sempre a Roma, negli stessi giorni, alla Fao.
Con la “sovranità alimentare”, si vuole promuovere uno sviluppo economico e agricolo, in molti Paesi coincidente, che non sia semplicemente “l’iscrizione dell’agricoltura nelle logiche di libero scambio” (all’epoca introdotte dal neonato WTO), ma che restituisca dignità a politiche pubbliche e alle persone e che dipenda, non dall’autosufficienza alimentare tout court, ma “dall’equilibrio sociale ed ecologico all’interno e tra i Paesi, costruendo percorsi di non-dipendenza in aree cruciali quali la finanza, i fattori di produzione e la tecnologia“. Ovviamente vuol dire anche “garantire la sovranità sulle risorse genetiche contro la cosiddetta bio-pirateria”: i semi, la banca del germoplasma vivente ed in evoluzione, nelle mani degli stessi agricoltori!