L’8 aprile scorso, il ministro francese dell’Agricoltura, Stéphane Le Foll, e il Relatore Speciale dell’ONU per il Diritto al Cibo, Olivier De Schutter, sono intervenuti in una conferenza ospitata dal Senato francese sul come (e non sul ‘se’) promuovere un piano per l’agroecologia nel Paese. Sulla base dei risultati del suo rapporto 2011, ‘Agroecologia e diritto al cibo’, il Relatore Speciale ha osservato come l’agroecologia sia diventata indispensabile alla luce della crisi ambientale ed energetica che costringere a ripensare lo sviluppo del settore agricolo: “l’agroecologia non può radicarsi nelle pratiche agricole fino a quando il mercato non sarà rimodellato a tal fine”. Egli ha anche sottolineato l’importanza di un approccio territoriale alla politica di sostegno per sistemi alimentari alternativi e di produzione alimentare più sostenibile. Forse ancora dobbiamo farci l’abitudine, ma ora abbiamo un Parlamento eletto e insediato, un Governo, una donna a capo del Mipaaf (la seconda Ministro nella storia della Repubblica, dopo la Poli Bortone. Auguri, by the way). Nessuna illusione, ma perché non trarre il buon esempio dalle Istituzioni d’oltralpe?
L’agroecologia, nuove dinamiche commerciali per il sistema agroalimentare, la biodiversità coltivata, la centralità dei soggetti agricoli, il biologico al centro di un modello dolce di sviluppo, la bellezza paesaggistica, la legalità e i diritti nel lavoro delle campagne forse non sono priorità per la ‘strana maggioranza’ di governo, ma noi lavoreremo come sempre in questa direzione anche spingendo chi ha compiti legislativi ad adottarne i criteri. La Francia, in fondo, non è così lontana.