La Rete Europea delle Regioni OGM-free

Maria Grazia Mammuccini
Vicepresidente Navdanya International

L’impegno delle Regioni è stato in questi anni un baluardo fondamentale per impedire la diffusione di produzioni agricole OGM in Italia. Nel nostro paese la quasi totalità delle Regioni si sono dichiarate contrarie alla coltivazione di piante OGM e, attraverso un’alleanza con la rete di organizzazioni sociali, ambientali ed economiche anti-OGM, hanno insieme contribuito a determinare la scelta dell’Italia che, anche in ambito europeo relativamente alle politiche agricole, ha sempre assunto posizioni contrarie all’introduzione delle coltivazione transgeniche. Ma le Regioni hanno svolto in Europa, in merito alle regole riguardanti la coltivazione di piante Ogm, un ruolo fondamentale anche in via diretta attraverso la Rete delle Regioni Europee OGM-free. D’altra parte le scelte istituzionali hanno corrisposto all’opinione dei cittadini nel nostro paese che in larghissima maggioranza si sono sempre dimostrati contrari agli OGM e fortemente legati ad un sistema agroalimentare frutto di cultura e tradizioni locali e in grado di esprimere un’enorme patrimio enogastronomico riconosciuto a livello internazionale.

La Toscana è stata la prima Regione, nel 2000, a dotarsi di una legge che vietava la coltivazione di piante transgeniche nel proprio territorio realizzando contemporaneamente un sistema di controlli integrati tra aspetti agricoli, ambientali e sanitari supportato da Istituzioni scientifiche pubbliche ed indipendenti dal sistema delle multinazionali. Le ragioni di questa scelta derivavano dalla peculiarità del territorio toscano, per oltre il 90% collinare e montano e delle sue aziende agricole, numerose e prevalentemente di piccole dimensioni. E’ qui che il modello di agricoltura industriale è andato in crisi prima che in altri territori dimostrando il proprio fallimento non solo sul piano ambientale, ma soprattutto sul piano economico e sociale. A partire dagli anni ’70 la mancanza di redditi soddisfacenti aveva portato all’abbandono progressivo delle campagne ed un’inversione di tendenza si è avuta solo con il passaggio ad un modello di agricoltura più consono alla realtà toscana. Questo passaggio ha preso avvio dalla metà degli anni 90 con la riconversione verso sistemi agricoli orientati alla localizzazione della produzione e dei consumi, al rispetto della sovranità alimentare , delle tradizioni rurali e alla valorizzazione della biodiversità dotandosi fin dal 1997 di una legge di tutela delle razze e varietà locali.

I risultati ottenuti hanno dimostrato la possibilità di costruire un modello di agricoltura sostenibile, alternativa a quella industriale della quale gli OGM sono la massima espressione, aprendo così le porte all’attuazione di iniziative di grande respiro e di portata ben più ampia dell’ambito regionale che hanno favorito la nascita, proprio dalla Toscana, di diverse iniziative a carattere internazionale: la Commissione Internazionale per il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura presieduta da Vandana Shiva e la Rete delle Regioni e delle Autorità locali d’Europa OGM-Free; iniziative in grado di dar forza ad un movimento a larga partecipazione nel quale Istituzioni e rappresentanze sociali collaborano per difendere l’ambiente, la salute e l’economia rurale.

L’esigenza di avviare un’azione comune a più regioni europee sul tema degli OGM in campo agricolo è maturata nel corso del 2003 quando, a seguito dell’uscita del pacchetto normativo comunitario che di fatto concludeva il periodo di moratoria europea alle autorizzazioni di nuovi OGM, la Commissione Europea ha sancito il principio di coesistenza tra colture convenzionali e transgeniche, riconducendolo ad una scelta del singolo agricoltore, limitando l’azione politica nazionale e regionale su una materia ancora ben lontana da un definitivo chiarimento su possibili effetti avversi dovuti a questa particolare applicazione biotecnologica.

Questo comportava un rischio per tutti quei territori, come la Toscana, nei quali le politiche agricole si erano orientate verso la valorizzazione delle proprie identità agricole e alimentari recuperando l’enorme patrimonio di razze e varietà locali, puntando sulle produzioni biologiche e incentivando il ruolo multifunzionale dell’agricoltura come attività in grado di tutelare e di valorizzare l’ ambiente e il paesaggio ed ha allarmato molti governi regionali che per anni, con risorse finanziarie proprie e dell’Unione Europea,avevano investito in questa strategia. Rispetto a tali scelte, l’introduzione di produzioni OGM avrebbe riproposto un modello di agricoltura esattamente opposto, fortemente orientato all’omogeneizzazione delle agricolture e dei cibi con un impatto economico diretto e indiretto sul reddito degli agricoltori e sulle filiere agroalimentari europee.

L’altro rischio fondamentale che molte regioni europee avevano individuato era come poter applicare la coesistenza unita alla garanzia del principio di precauzione all’interno della ricca variabilità dei territori rurali europei sia in termini di ordinamenti produttivi che in termini di dimensione aziendale, nella maggior parte dei casi non superiore ai 10 ettari. Se a questi elementi si aggiungono l’entità e la frequenza di trasferimento dei geni attraverso il polline, la permanenza accidentale di piante OGM nei campi, l’inquinamento inavvertito delle sementi, si compone un quadro di tale complessità da rendere di fatto impossibile il rispetto del principio di precauzione e prevenzione con l’applicazione della coesistenza a livello aziendale.

A partire da queste riflessioni, i primi a identificare l’opportunità di una iniziativa che partisse dalle richieste del proprio contesto territoriale sono state la Regione Toscana e la Regione Alta Austria, lanciando una piattaforma politica per consentire alle Regioni europee la scelta di mantenere liberi da OGM i propri territori, in attuazione del principio di precauzione e in considerazione di peculiari caratteristiche economiche ed ambientali. Queste Regioni avevano infatti già maturato una sensibilità particolare sulla questione che si era concretizzata in norme regionali che escludevano la coltivazione di piante transgeniche.

Il 4 Novembre del 2003 otto Regioni d’Europa si sono affiancate alla Toscana e all’Alta Austria per supportare un’audizione di fronte al Parlamento Europeo sul tema degli OGM e della coesistenza nell’ ambito delle produzioni agricole. In quella circostanza è stata sottoscritta una prima carta comune basata su alcuni punti fondamentali: individuare in modo chiaro le responsabilità in caso di contaminazioni; mantenere le sementi libere da ogni contaminazione e soprattutto garantire la possibilità di mantenere liberi da Ogm i territori regionali che avevano investito sulla qualità e sostenibilità ambientale delle produzioni agricole.

La tappa decisiva della rete è stata la Conferenza di Firenze nel Febbraio 2005 quando venti Regioni hanno siglato la Carta delle Regioni e delle Autorità Locali d’Europa sul tema della coesistenza tra OGM, agricoltura convenzionale e biologica, conosciuta sinteticamente col nome di “Carta di Firenze” e che rappresenta tuttora il documento da sottoscrivere per aderire alla Rete.

Con la “Carta di Firenze” le Regioni individuano alcuni principi fondamentali per la loro azione politica e di governo in materia di OGM:

Tutelare dalla coltivazioni di Ogm le aree destinate alle produzioni di qualità certificata quali le produzioni di origine, le produzioni biologiche nonché le aree sottoposte a vincoli per la salvaguardia della biodiversìta e riconoscere alle Regioni la possibilità di mantenere il proprio territorio libero da OGM

Assicurare il principio che le sementi da riproduzione siano libere da qualsiasi contaminazione

Tutelare la biodiversità attraverso la conservazione e valorizzazione delle razze e varietà locali e impedire che questo patrimonio diventi oggetto di brevettazione

Garantire che le procedure autorizzative di varietà OGM siano subordinate al rispetto dei principi di precauzione e prevenzione e alla verifica di reali effetti positivi per i consumatori e per la collettività in genere.

Prevedere un sistema di sanzioni, nel caso della coesistenza, che attribuisca costi e responsabilità dei danni diretti e indiretti a coloro che li hanno causati secondo il principio di chi inquina paga.

Sulla base di questi obiettivi fondamentali la Rete delle Regioni OGM-free, oltre ad una forte alleanza politico-istituzionale, ha attivato una condivisione tecnico-scientifica delle conoscenze acquisite anche avvalendosi della Rete di Laboratori Scientifici indipendenti che è nata a livello europeo, che gli ha consetito di proporre emendamenti e correzioni a documenti in fase di redazione a livello di organi politici delle Istituzioni Europee e di rappresentare un vero e proprio soggetto interlocutore delle Istituzioni Europee (Commissione, Parlamento, Comitato delle Regioni) e di altri soggetti (Assemblea delle regioni d’Europa – ARE, Copa-Cogeca, ONG e Associazioni professionali.

Assieme alle Regioni, anche se non così strutturate ed organizzate, molte altre autorità locali si sono pronunciate in materia con modalità diverse a seconda dei paesi; attualmente circa 130 Provincie e 4200 Comuni in Europa hanno dichiarato il proprio territorio libero da OGM contribuendo in modo determinante a dare forza politica alle Reti istituzionali in questo ambito .

Particolarmente importante è stata la costruzione di relazioni ed alleanze tra reti istituzionali e reti di movimenti di cittadini soprattutto nelle fasi più delicate del dibattito e delle scelte nell’ambito delle istituzioni europee relative agli OGM. La Rete delle Regioni Europee OGM free ha partecipato con propri rappresentanti a molte delle iniziative della Rete Europea delle Organizzazioni contro gli OGM e viceversa, individuando di volta in volta obiettivi comuni e condivisi , rendendo più efficace l’azione politica di entrambi.

Nel rapporto istituzioni-movimenti è stata particolarmente significativa la sottoscrizione nel 2007 di una dichiarazione d’intenti, basata su principi comuni riguardanti il divieto di coltivazione di OGM e la valorizzazione della biodiversità e delle produzioni locali,tra la Rete delle Regioni OGM -free e la Commissione Internazionale sul Futuro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura presieduta da Vandana Shiva, che raccoglieva una rete internazionale di esponenti di movimenti, scienziati ed esperti di sistemi alimentari sostenibili.

La nuova Raccomandazione dell’Unione Europea del Luglio 2010 conferisce agli Stati Membri maggiore flessibilità nell’adozione di misure di coesistenza che, tenendo conto delle condizioni ambientali a livello locale, regionale e nazionale, concede la possibilità di escludere la coltivazione di OGM da ampie aree del loro territorio. Questa scelta rappresenta un importante passo in avanti ed è sicuramente anche il frutto dell’azione politica congiunta tra Istituzioni locali e movimenti portata avanti in questi anni.

Ad oggi 51 Regioni aderiscono alla Rete Europea, presieduta dall’Assessore Regionale all’agricoltura della Regione Marche Paolo Petrini, scelto per l’impegno che la Regione ha sempre dimostrato sul fronte anti OGM . Recentemente le Regioni hanno richiesto a gran voce un marchio europeo che offra al consumatore garanzie sulle produzioni libere da OGM sia per le filiere agroalimentari che per reperire sul mercato mangimi non biotech. Comunque l’’impegno e l’obiettivo primario della Rete continua ad essere l’introduzione nel quadro legislativo europeo di uno stato giuridicamente riconosciuto di area OGM free. Ancor oggi, infatti, non è stato possibile ottenere questo stato attraverso atti normativi regionali o locali e, nonostante la nuova Raccomandazione dell’Unione Europea del Luglio 2010 , il recente caso italiano del Friuli Venezia Giulia dimostra l’ incertezza giuridica nella quale si trovano ancora Regioni , agricoltori e cittadini europei.

E’ invece irrinunciabile per tutti garantire il fondamentale principio democratico di poter effettivamente scegliere nelle diverse Regioni d’Europa le politiche di governo del proprio territorio agricolo e rurale nel rispetto dei principi di sovranità e di sicurezza alimentare dei cittadini.

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