Luca Colombo scrive oggi su l’Extraterrestre, inserto ecologista settimanale de Il manifesto, un pezzo sul biologico nel quadro delle crisi. Partendo da “Fame, peste et bello”, flagelli dal sapore medievale, che tornano in auge in aggiunta alla drammatica crisi climatica e diventando così “Fame, peste, bello et clima”, denuncia il denominatore a loro comune: “gli squilibri e le ingiustizie”.
“Che non sono – come scrive l’Autore – solo perdita di baricentro, ma deterioramento delle priorità collettive, cultura di rapina sulle risorse, indifferenza intergenerazionale, rottura dei meccanismi solidali, ignoranza ecologica. Il ripristino di equilibri e giustizia sociale e climatica è ineludibile. Sul fronte alimentare, l’agricoltura biologica rivendica ruolo e meriti: finora identificato come un metodo produttivo, su questi temi ambisce a essere anche modello di sviluppo e strategia politica. L’approccio agroecologico del bio è sobrio in energia e agrochimica, entrambi oggetto non solo di fiammata dei prezzi, ma anche di embargo, dipendenza da Paesi terzi e impatto climatico: il bio guarda ai servizi ecosistemici e all’investimento sul suolo con conseguenti benefici sulla risorsa acqua. Il biologico tende alla salubrità dietetica rigettando la zootecnia industriale; è attento agli sprechi anche per una migliore educazione alimentare, con a cuore l’economia famigliare e l’investimento in salute che comporta (le mense scolastiche). Restano nodi da risolvere: giusto prezzo ai produttori, consolidamento delle alternative distributive, eliminazione di ogni ombra sul lavoro agricolo…”
E conclude: “Ma se si vuole superare il fatalismo che annichiliva l’uomo medievale, è necessario dotarsi di nuove priorità sociali, economiche e ambientali rispetto alle quali il bio può divenire protagonista per un modello capace di futuro.”
Segue uno stralcio del pezzo citato.
L'ExtraTerrestre, inserto ecologista settimanale del manifesto del 22 settembre 2022