Nella sua sentenza del 12 luglio scorso la Corte di Giustizia Europea ritiene che il divieto di commercializzazione di semi non omogenei (ossia appartenenti a popolazioni o a varietà locali non stabili e uniformi) sia conforme agli obiettivi delle direttive UE in materia di materiale di propagazione. Questa è la giurisprudenza che la Corte ha creato a seguito della causa avviata in Francia che ha opposto la ditta sementiera Baumaux all’associazione Kokopelli che da alcuni anni pone in commercio tali sementi.
Solitamente, il verdetto della Corte di Giustizia Europea ricalca le conclusioni dell’Avvocato Generale, tradizione non verificatasi in questo caso: contrariamente alle considerazioni dell’Avvocato Generale relative alla sproporzione tra le dinamiche di scambio che interessano le sementi da collezione o di varietà in uso alle comunità contadine locali e gli obblighi di omogeneità e stabilità imposti sulle sementi, la Corte ha sancito che le disposizioni stabilite per le sementi industriali valgano erga omnes.
Da circa 50 anni l’industria delle sementi ha cominciato a standardizzare le sementi per adattarsi a concimi chimici e pesticidi nel corso del processo di modernizzazione industralista dell’agricoltura. Realtà rurali non risucchiate (interamente o parzialmente) da questo schema, hanno mantenuto una ricca biodiversità di interesse agrario, inclusa la varietà intraspecifica di piante coltivate, adatte a climi, variabilità di suoli, di culture alimentari e diete.
Con la sentenza della Corte, queste varietà non hanno ragione di esistere nel quadro di scambi regolati, in quanto sfuggono ai criteri di registrazione nei cataloghi varietali che prevedono la conformità ai criteri DUS (Distinte, Uniformi e Stabili). La natura così come la variabilità delle sementi contadine non solo non può, ma non deve conformarsi a questi criteri omologanti e anche negli attuali scenari di adattamento all’alea climatica, la plasticità offerta dalla diversità di miscugli, miscele o la stessa eterogeneità delle sementi locali, rappresenta ora una dimensione lungimirante e ‘moderna’ nell’affrontare e gestire l’agricoltura. Sancendo l’adesione supina alle Direttive europee sulle sementi industriali e non consentendo la commercializzazione che di varietà omogenee e stabili senza diversità genetica interna, la Corte ha dunque sancito un principio di miopia.
I giudici sostengono che sono sufficienti le condizioni poste dai registri delle varietà da conservazione: queste particolari condizioni, con lo scarto tollerato dalle norme industriali, non lasciano spazio alla diversità genetica, e le restrizioni di commercializzazione imposte non consentono alcuna sostenibilità economica a chi opera in tale ambito. In Francia, nei due anni e mezzo di esistenza di questo registro, meno di dieci varietà sono state registrate a riprova della sua limitatezza in scopo.
Wikipedia insegna che il termine civiltà deriva dal latino civilitas, a sua volta derivato dall’aggettivo civilis, da civis (“cittadino”). In questo ambito indicava dunque l’insieme delle qualità e delle caratteristiche del membro di una comunità cittadina, nel senso di buone maniere cittadine contrapposte a rusticitas la rozzezza degli abitanti della campagna. Se la disobbedienza civile è ormai demodé, nei campi contadini continui a vivere e diffondersi la diversità coltivata e suoni il tempo dell’obbedienza rustica.