Al seminario su RISTORAZIONE COLLETTIVA SOSTENIBILE OLTRE AL BIO NEL PIATTO: la qualità del cibo e la riduzione degli sprechi (energetici ed alimentari), tenutosi al SANA venerdì scorso 8 settembre 2017, a cura di AIAB Liguria, sono stati presentati i materiali del progetto Project ReKuK 2016-1-AT01-KA202-016677 Vocational Training for Chefs and Executive Chefs , che ha come obiettivo, per la “Formazione professionale per gli Chef e gli Chef Executive”, quello:
- di migliorare e completare la formazione di base dei cuochi e degli chef, e
- di informare e sensibilizzare sugli effetti economici, ecologici e qualitativi che implicano le scelte imprenditoriali verso una gestione sostenibile ed efficiente della ristorazione collettiva.
Nella formazione istituzionale dei cuochi e degli chef, le tematiche legate a: la gestione efficiente del cibo, il design del menu, la riduzione dei rifiuti e l’efficienza energetica sono solo accennate o neanche affrontate. Il progetto, la cui Partnership è guidata da RMA (Austria),e partner sono the University of South Bohemia, Thuringer Oekhoerz e AIAB Liguria, intende colmare questo vuoto formative, attraverso dei moduli teorici e pratici basati sulle migliori conoscenze raggiunte al momento.
La formazione non è intesa solo a dimostrare i vantaggi ecologici della gestione efficiente delle risorse, ma anche la riduzione dei costi che si ottiene con questa scelta.
In tale occasione, Alba Pietromarchi, ricercatrice FIRAB, ha presentato gli ultimi dati sul bio, sia in termini di offerta che di domanda, ma soprattutto ha ribadito come i prodotti biologici, privi di additivi chimici, garantiscono un doppio beneficio: tutelano la nostra salute e, nel contempo, rispettano l’ambiente.
Il bio fa bene alla salute dei consumatori, all’ambiente e alle tasche degli agricoltori. Dopo la pubblicazione dei dati Ispra sui pesticidi che stanno avvelenando le nostre acque si è riacceso il dibattito sui metodi agricoli e sull’inquinamento che questi producono. Ma si è riaccesa anche la discussione sulle conseguenze economiche dei diversi metodi agricoli. Dall’ultimo Bioreport elaborato dal CREA emerge che non solo il biologico è meno inquinante e più sano ma anche più redditizio per i produttori, rispetto all’agricoltura convenzionale. Migliori performance economiche per le aziende bio: +32% di reddito netto per l’imprenditore, +31% di lavoratori impiegati e +15% di fatturato. I dati continuano a crescere con uno scarto che aumenta sempre di più rispetto alle aziende convenzionali. Non solo per gli agricoltori e per chi lavora la terra c’è un ritorno economico dignitoso ma tutta la collettività ne guadagna e, dunque, anche i singoli cittadini. Scegliendo il biologico diminuiscono i costi sanitari, così come i danni ambientali e gli eventi determinati dai cambiamenti climatici.
“Non c’è mai qualcosa che costa poco in assoluto. Paghiamo sempre, magari in un altro momento. O facciamo pagare a qualcun altro“.
Se tutte le superfici agricole fossero coltivate con metodi biologici, le emissioni di CO2 causate dall’agricoltura potrebbero ridursi del 23% in Europa e del 36% negli Usa. Questo viene evidenziato anche dal risultato pubblicato nel 2013 di uno studio diretto da Andreas Gattinger (FiBL – Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica) e portato avanti da un gruppo di ricercatori internazionali – che ha esaminato i risultati di 74 studi internazionali che hanno paragonato gli effetti sul terreno delle coltivazioni biologiche e di quelle convenzionali – il quale ha dimostrato che l’agricoltura biologica permette di fissare nel terreno quantità di carbonio significativamente superiori, con ciò offrendo un importante contributo per frenare il riscaldamento globale. Le riduzioni di CO2 determinate dall’Uso del bio corrisponderebbero a circa il 13% della riduzione complessiva necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici fissati per il 2030.A ciò si aggiungono i risultati dello studio «Enviromental Impact of different agricultural management practices: conventional versus organic agriculture», apparso sulla rivista «Critical reviews in plant sciences», realizzato dai ricercatori guidati dal professor Maurizio Paoletti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova in collaborazione con l’Università di Cornell, Usa: “I terreni gestiti con il metodo bio hanno una maggiore capacità di sequestrare CO2 e di trattenere acqua, con conseguente miglior rendimento in condizioni climatiche di scarsità di precipitazioni”.
In ogni caso, come emerge dai dati presentati, secondo la fondazione Firab ci sarebbe un cambiamento sostanziale nello stile di vita e nella cultura dei consumatori, con sempre maggior attenzione posta agli aspetti etici e alle conseguenze sulla salute e sull’ambiente: il concetto di qualità di un prodotto va ormai oltre le caratteristiche compositive o nutrizionali, per rivolgersi al metodo con cui gli alimenti sono ottenuti lungo tutta la filiera produttiva. Una spinta dal basso perché si cambi il modello di riferimento.
AlbaPietromarchi_FIRAB_SANA_2017
Il buon esempio e la cultura del cibo salutare viene dato già all’interno delle scuole, con forti investimenti all’interno delle mense scolastiche per l’acquisto di prodotti biologici. Nonostante la crisi, sulla scelta del biologico nelle scuole non si torna indietro: secondo il censimento di BioBank 2017, nell’ultimo decennio, il numero delle mense scolastiche che utilizzano prodotti biologici sono passate da 683 nel 2007 fino a superare quota 1.288 nel 2016, quasi raddoppiate.
Scriveva la poetessa Maya Angelou: “E’ tempo che i genitori insegnino presto ai giovani che nella diversità c’è bellezza e c’è forza”; ed il biologico è proprio questo: la forza e la bellezza di un modello agricolo non inquinante, sensibile al benessere di individui e comunità, capace di preservare la biodiversità e, soprattutto, di educare i più piccoli e al tempo stesso dare il buon esempio ai grandi, alla comunità.