A tre anni dal Regolamento comunitario sul vino biologico si registra una crescita di superfici investite a vigneto biologico e di aziende, crescita dei consumi e ottime performance nell’export. Ad alimentare questo risultato è la crescente attenzione da parte dei consumatori per un vino frutto dell’attenzione di un vignaiolo biologico, nella cui botti vinifica uve coltivate in perfetto equilibrio con la terra.
Il buon vino si fa partendo da un attento “ascolto” e da una raffinata “osservazione” di tutto il processo: dal terreno all’uva, dal travaso all’imbottigliamento, per poi tendere a soddisfare nel modo più completo possibile i bisogni di chi lo berrà. È questo che emerge dagli ultimi dati rilevati da FIRAB per il settore. Dati che testimoniano gli ottimi apprezzamenti della qualità tra i consumatori di vino bio e il crescente interesse tra i wine lover e molti riconoscimenti dal mercato (ingresso dei vini calabresi in Slowine e in Tre Bicchieri del Gambero Rosso)
La terra calabra, ancora fanalino di coda nella produzione vinicola tradizionale, nonostante la sua storia enologica (era chiamata “Enotria” ossia “terra del vino”, e i vini calabresi durante l’era dei Greci venivano offerti ai vincitori delle Olimpiadi) è in prima linea nella produzione biologica (un ettaro su tre è coltivato a bio), grazie anche al territorio, al clima e alla ricchezza ampelografica – quasi trecento cloni sinora catalogati tra gli autoctoni calabresi.
La produzione di vino bio rappresenta l’opportunità sia in termini di business che di evoluzione del comparto in un’ottica di sostenibilità e qualità.